Quale azione è esperibile dall’erede in caso di “svuotamento” del contro corrente da parte del rappresentante apparente?

Quale azione è esperibile dall’erede in caso di “svuotamento” del contro corrente da parte del rappresentante apparente?
20 Ottobre 2022: Quale azione è esperibile dall’erede in caso di “svuotamento” del contro corrente da parte del rappresentante apparente? 20 Ottobre 2022

La fattispecie affrontata della Cassazione riguarda la condotta di un soggetto, fratello del de cuius che, utilizzando una procura generale conferitagli tempo addietro, ordinava due bonifici, uno a proprio favore, un altro a favore di un terzo, andando così a “svuotare” il conto corrente intestato al defunto.
L’erede esercitava allora l’azione di petizione ereditaria ex art. 533 c.c. sia contro lo zio sia contro il terzo beneficiario per ottenere la restituzione dell’importo.
Quest’ultimo, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, si difendeva in primo grado sostenendo che il denaro in questione era ormai divenuto parte del suo patrimonio “per confusione”, soprattutto in considerazione dell’impossibilità di restituire i “medesimi beni”, come prescritto dall’art. 533 c.c.
Accolta in primo grado tale eccezione, il giudice d’appello al contrario evidenziava che la natura fungibile del bene – denaro non rappresenta un ostacolo ai fini della proposizione dell’azione di petizione ereditaria, nonostante la norma testualmente richieda la restituzione dei “medesimi beni”.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19936 del 21 giugno 2022, affronta invece la questione sotto un diverso profilo, superando le considerazioni relative ai riflessi provocati dalla natura fungibile o infungibile del denaro, ed inquadrandola non più in una prospettiva recuperatoria di natura petitoria, quanto piuttosto nell’ambito di un rapporto creditorio.
Secondo la Suprema Corte ciò che rileva è la circostanza che, ai sensi di quanto previsto dall’art. 1834 c.c., il deposito bancario determina ope legis il passaggio della proprietà del denaro depositato in capo alla banca, attribuendo al depositante, o ai suoi eredi, il diritto di credito alla restituzione della spessa specie monetaria.

In questa diversa prospettiva, l’azione di petizione ereditaria non risulta proponibile poiché, avendo natura reale e funzione recuperatoria dei singoli beni sottratti all’asse ereditario, appare incompatibile con la natura creditizia del diritto fatto valere in giudizio.
Da ciò discende che il bisogno di tutela dell’erede nel caso di specie risulta integralmente soddisfatto dall’azione di ripetizione dell’indebito ex art. 1189, comma 2, c.c. e non dall’azione di petizione ereditaria.
Secondo la Corte, l’erede è legittimato ad agire quale vero creditore ex art. 1189, comma 2, c.c. contro il falsus procurator, laddove costui, dopo la morte del dominus, abbia ottenuto il pagamento di quanto depositato.

A tale esito si giunge osservando che la giurisprudenza da tempo assimila il falsus creditor di cui all’art. 1189, comma 2, c.c., al falsus procurator, sulla base del principio per cui un fenomeno di apparenza giuridica si verifica non solo nei casi in cui il rappresentante abbia agito nonostante la revoca o la modifica della procura, ma anche qualora il pagamento sia stato fatto a colui la cui procura risulta estinta per morte del rappresentato.
Ne consegue che, nel caso all’esame della Suprema Corte, il terzo beneficiario non potrà essere convenuto in giudizio dall’erede, il quale potrà esperire solo nei confronti del falsus procurator l’azione di ripetizione.

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